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Maggiorenni: fino a quando è obbligatorio mantenerli?
 Maggiorenni: fino a quando è obbligatorio mantenerli?


Inviato da  AzzeccaGarbugli
  05-10-2008
Predefinito Mantenimento , cos’è e fino a quando?



E’ innanzitutto un dovere sancito dalla Costituzione .
E’ un obbligo di natura economica che grava sui genitori nei confronti dei figli e discende direttamente ed in via immediata dal rapporto di filiazione, quale affermazione di responsabilità legata alla procreazione, ciò secondo il disposto dell’art. 30 della Costituzione che sancisce il dovere ( e il diritto ) dei genitori a mantenere istruire ed educare i figli , anche se nati fuori del matrimonio.
Principio costituzionale pienamente recepito ed integrato dal legislatore che nell’art. 147 del codice civile ribadisce per i genitori l’obbligo di mantenere istruire ed educare la prole tendendo conto delle capacità , dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

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Quindi con la (sola) procreazione, nascono in capo ai genitori , nei confronti di tutti i figli qualunque sia il loro status ( legittimi o naturali), un insieme di obblighi di natura morale e materiale in risposta ad esigenze di solidarietà e di etica dell’ordine familiare che fanno parte della coscienza sociale prima che del diritto. Accanto all’obbligo di natura non patrimoniale di educare ed istruire i figli, vi è un dovere di carattere economico dal contenuto molto ampio perché non si esaurisce nel procurare il cibo giornaliero e gli indumenti necessari, ma impone l’apprestamento di una organizzazione stabile in grado di garantire il soddisfacimento di tutte le esigenze del figlio in relazione alla sua crescita fisica, psichica e sociale.
Questo obbligo al mantenimento rientra nell’insieme di doveri costituenti la "funzione educativa" dei genitori ed è cosa diversa dalla potestà: è un "dovere inderogabile" che permane in capo ai genitori anche in caso di perdita o decadenza dalla potestà e che si estende oltre il raggiungimento da parte del figlio della maggiore età.
Infatti mentre i doveri di istruzione ed educazione si possono estinguere con il raggiungimento della maggior età del figlio, il dovere di mantenimento permane fino quando quest'ultimo, maggiorenne, raggiunge una propria indipendenza economica ed un appropriata collocazione nel contesto sociale .


Mantenimento fino a quando?

Lo chiedono molti genitori e la domanda è più che legittima perché, mentre vi è una norma di legge che stabilisce con certezza il momento in cui sorge in capo al genitore il dovere al mantenimento -- procreazione, nessuna norma dice quando questo obbligo cessa. La legge non fissa il momento finale, il termine massimo dell’obbligo.
Ora se da un lato è chiaro che l’obbligo al mantenimento non può prolungarsi illimitatamente (anche se da qualche scorato genitore è stato definito "mantenimento a vita ….." ), di fatto determinare concretamente questo limite non è per nulla semplice dato che il suo protrarsi è finalizzato al completamento degli studi e/o causato dalla oggettiva difficoltà per il giovane di inserirsi nel mondo del lavoro. La Cassazione ha così escluso che si possa a priori fissare perentoriamente un termine ultimo.
Correlativamente al dovere di mantenimento per il genitore, esiste però un dovere per il figlio di seguire con profitto un regolare corso di studi e cercare attivamente un lavoro, e ciò sul presupposto che nessun ordinamento può permettersi di premiare la pigrizia o l’inerzia del figlio maggiorenne.
Alla luce di questi diritti e obblighi "reciproci", spetta quindi al prudente apprezzamento del giudice, chiamato a decidere, il compito di individuare caso per caso, quando il diritto al mantenimento possa dirsi cessato.
Nonostante non esista un’ età prefissata, alcuni Tribunali hanno posto il venticinquesimo anno nel caso in cui il figlio non abbia proseguito con gli studi universitari, il trentesimo anno per chi ha scelto di conseguire una laurea, come spartiacque in quello che è l’onere della prova, nel senso che fino al compimento rispettivamente dei venticinque/trent'anni è il genitore che chiede la cessazione dell’obbligo al mantenimento a dover provare che il figlio non si è sufficientemente impegnato per il raggiungimento della propria autonomia economica . Oltre quell’età , sarà il figlio a dover provare di non aver raggiunto l’indipendenza per motivi non a lui imputabili. Decisioni rare, ripeto.
Al di fuori di queste sporadiche decisioni, dai giudici si sono ottenuti solo dei criteri di massima che riassuntivamente possono essere indicati in:
a)raggiungimento dell’indipendenza economica
b)persistere di uno stato di disoccupazione dovuto ad un colpevole atteggiamento di inerzia del figlio e dal suo rifiuto ingiustificato a svolgere un’attività lavorativa remunerata.

Criteri di massima che ad una prima lettura sembrano chiari, lineari e impostati sul buon senso, ma che proprio perché "di massima" hanno in realtà permesso ai giudici, nei loro molteplici interventi, di riempirli dei più vari e molto spesso contrastanti contenuti. Mancando un principio-criterio unico valido ed applicabile ad una determinata situazione, ogni singolo caso viene valutato a sé, il giudice procede, come accennato sopra, con un’indagine caso per caso e il genitore che per legge è tenuto al mantenimento , qualora ritenga che questo obbligo sia venuto meno, ha l’onere di provare concretamente in giudizio che il figlio è autosufficiente perché percepisce un reddito adeguato o che questi non lo percepisce per propria colpevole inerzia.
-Cosa si intende per indipendenza economica ?
Per la Corte di Cassazione( sent. nn.22214/04 , 8221/06 ,4188/06 ) l’autonomia economica può ritenersi raggiunta quando la percezione dei redditi risulta congrua, continuativa e non saltuaria e connessa ad attività collegata alla formazione cui il figlio è stato indirizzato.
Quindi non basta che il figlio guadagni, si deve essere in presenza di percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita e connessa allo svolgimento di un’attività lavorativa remunerata o quantomeno all’avvio verso di essa, ma con prospettive concrete tali da assicurare a questo figlio maggiorenne un introito stabile e sicuro anche per l’avvenire.
Si potrebbe allora dire che l’obbligo per il genitore cessa nel momento in cui il figlio abbia trovato un lavoro stabile che gli consenta un tenore di vita adeguato e dignitoso? ….No, talvolta ancora non basta ….. E’ del 25 settembre 2008 la sentenza della Cassazione che stabilisce che il lavoro deve essere ( anche ) consono alle "aspirazioni" del figlio.
Per questa sentenza l’obbligo al mantenimento dei figli sussiste anche se questi hanno rinunciato volontariamente ad un lavoro proprio perché non corrispondeva ai propri desideri ( figlio 20enne che svolgeva un’attività di lavoro dipendente quale disossatore di carni e che dopo qualche anno di attività si licenzia per poter iscriversi ad un corso di parrucchiere )e ciò motiva la Corte"…. alla luce della giovanissima età del figlio e soprattutto perché il licenziamento da parte del giovane era da inquadrarsi nella ricerca di aspirazioni lavorative più consone alle sue inclinazioni e dunque non vi è alcuna arbitrarietà nel comportamento del giovane o alcun atteggiamento parassitario".
-Quando si può dire che il figlio non si pone in condizione o si rifiuta ingiustificatamente di procurarsi un proprio reddito mediante l’espletamento di attività lavorativa e quindi non è in grado di provvedere alle proprie esigenze per colpa?
Il principio più sopra riportato del rispetto delle "aspirazioni" non è nuovo per la Cassazione che lo ha ampiamente sostenuto in una sentenza diretta all’accertamento della sussistenza della "colpa" del figlio, stabilendo che un genitore non può considerarsi esonerato dall’obbligo del mantenimento in presenza di una qualsiasi occasione di lavoro offerta al figlio, ma solo quando la proposta di lavoro risulti idonea rispetto alle concrete e ragionevoli aspettative del figlio e conseguentemente il suo rifiuto sia privo di giustificazione.
In questa molto discussa sentenza del 2002 i giudici hanno stabilito che la valutazione della sussistenza della "colpa" del figlio per il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica, va effettuata tenuto conto "delle aspirazioni, del percorso scolastico , universitario e post universitario del soggetto", senza dimenticare "la situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione".
E pertanto secondo tale sentenza "deve in via generale escludersi che siano ravvisabili profili di colpa nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini i suoi interessi siano rivolti (….)e sempre che tale atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia".
Quindi se il giovane appartiene ad una famiglia agiata potrà rifiutare le offerte di lavoro che non ritiene adeguate alle proprie attitudini ed aspirazioni, nei limiti temporali in cui dette aspirazioni "abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate". Ora tenuto conto che il caso specifico esaminato dalla Corte di Cassazione riguardava un "ragazzo di circa trent'anni , laureato in giurisprudenza da tempo”", si comprende come questi indicati limiti temporali possono essere anche molto dilatati .



  #1  
By Uno on 05-10-2008, 19.19.50
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